PER MARIUCCIA, di Gianni Tognoni Dicembre ’24

Ho condiviso troppa vita con Mariuccia lungo 30 anni, da quando l’ho incontrata nella casa della sua Pina, per dire qualcosa in più del silenzio, intreccio di un vuoto per il suo essere altrove, e della gioia grande di averla avuta compagna per tante strade. Sarebbe impossibile ricordare, e ringraziarla, per tutto ciò che di lei ho conosciuto prima nella Rete, e poi quando ha ‘adottato’  il Tribunale Permanente dei Popoli come uno dei suoi modi più riassuntivi  per essere parte , tanto nascosta quanto presente con la concretezza del suo generare sostegni precisi ed una visibilità diffusa, nel quotidiano di Lecco, e nei paesi più diversi.

Per salutarla oggi mi sembra giusto ritornare nella sua casa, con la sua Pina, e con quanti là hanno ‘abitata’, nei momenti e nei modi più diversi:  profeti e poeti come Turoldo o Cardenal, perseguitati, piccoli palestinesi e premi Nobel  per  la pace. Torno la’, perché la  casa – a partire da quella in cui ha tanto vissuto, minuta,  ed occupata all’inverosimile dalle  tracce della sua storia, e degli infiniti, confusissimi e sempre ritrovabili strumenti della sua solidarietà – mi sembra  come la parabola che riassume un po’ la sua vita.

Il suo sogno, mai stanco, e che la faceva onnipresente, insistente, declinato nelle strategie più opportune per produrre risultati , era quello che tutti i senza casa ritrovassero una  casa: che fosse loro: che la casa  fosse un intero paese liberato da una dittatura, o una ‘resistenza’ che diventava comunità, o il popolo dei migranti, o dei carcerati, o dei bambini senza scuola o futuro, dalla Palestina di un tempo a quella di oggi al Salvador, fino alle donne del SudEst asiatico schiave dell’industria tessile e in lotta per un salario sufficiente per la vita… Essendo lei casa del mondo, tutto il mondo era la sua casa: e tutte le lingue del mondo le erano comprensibili perché tradotte in volti e vite di persone, per le quali era normale per lei avere una memoria assoluta…

E’ per questo che tutte le realtà, le più diverse, che inventavano linguaggi, iniziative, ‘rivoluzioni’, che aprivano porte ed inauguravano cammini verso relazioni di accoglienza la trovavano, senza rumore, non solo presente, ma in dialogo concreto, dalla Firenze di La Pira, alla disobbedienza di don Milani, o di don Sirio e dei preti operai… Quando si è casa e cittadini  del mondo la lingua che si parla è un esperanto trasversale alla religione, alla politica, alla cultura, all’età….

Grazie, Mariuccia, per aver condiviso anche con me la casa della Pina, che sei andata a ritrovare

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