Tereza Sargsyan, referente dell’operazione della Rete Radié Resch in Armenia, ci invia notizie sull’aggravarsi della crisi umanitaria per il popolo armeno residente nell’Artsak (o Nagorno Karabak), l’enclave armena chiusa entro i confini dell’Azerbaigian. Causa principale di questa drammatica crisi il blocco – oggi da ormai quasi 6 mesi – dell’unica via di terra che connette l’Artsak con l’Armenia, da parte dell’Azerbaigian.
L’11 maggio il difensore dei diritti umani dell’Artsakh ha pubblicato una versione aggiornata del Rapporto sulle violazioni dei diritti umani individuali e collettivi del popolo armeno a seguito del blocco di 150 giorni. Tra i dati riportati nel Rapporto:
– scarsità di cibo e altre merci vitali importati circa 13 volte meno che in assenza di blocco;
– interruzione fornitura di gas per 85 giorni ed energia elettrica per 121 giorni;
– sospensione interventi chirurgici programmati, con circa 1200 persone che hanno perso la possibilità di risolvere gravi problemi di salute;
– perdita del posto di lavoro e delle fonti di reddito per (dato stimato) circa 10.900 persone, pari al 50% degli occupati nel settore privato;
– impossibilità di rientrare nelle loro case per circa 3.900 persone, di cui 570 bambini;
– violazione dei diritti maggiore per i gruppi più vulnerabili: 30.000 bambini, 9.000 persone con disabilità, 20.000 anziani, 15.000 sfollati.
Il 25 maggio il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha annunciato che Armenia e Azerbajgian hanno raggiunto un primo accordo per riconoscere reciprocamente l’integrità territoriale dell’altro. Tuttavia, l’Ambasciatore con incarichi speciali della Repubblica dell’Artsakh, Masis Mayilian, ricorda che la base dell’accordo dovrebbe affrontare la causa principale del conflitto, vale a dire lo status dell’Artsakh e l’autodeterminazione del popolo armeno dell’Artsak, e che all’inizio del conflitto con l’Azerbaigian non vi era alcuna questione di territori. Giovedì prossimo ci sarà un altro round di negoziati.