R.D.Congo: testimonianza di padre R. Kitenge sulla drammatica situazione del popolo congoleseNovembre ’22

Padre Richard Kitenge è referente dell’operazione Ospedale Badyaano a Mwamwayi (un raggruppamento di villaggi piuttosto isolati nel distretto di Kabinda) sostenuta dalla Rete Radié Resch. Già quando si trovava temporaneamente in Italia, all’incontro di Coordinamento della ReteRR di fine settembre, ci aveva parlato delle rinnovate violenze subite dal popolo congolese e della resistenza di questo popolo al disegno di balcanizzazione della Repubblica Democratica del Congo che appare pianificato dalla comunità internazionale. Riportiamo la parte principale del suo intervento:

“Il popolo congolese è di nuovo vittima di aggressioni armate da parte del Rwanda tramite il movimento M23, costituito in prevalenza da Tutsi filo-rwandesi che dal marzo scorso stanno occupando la città congolese di Bunagana e tanti altri villaggi del territorio Rutshuru, Nord Kivu, insidiando Goma, al confine con Rwanda e Uganda. I congolesi che provano ad opporre resistenza all’occupazione vengono uccisi: teste tagliate esposte nelle piazze, donne violentate e sotterrate vive, un orrore… Questo avviene con il silenzio (complice) della comunità internazionale Per capire la situazione bisogna considerare che il Rwanda oggi è governato dai Tutsi, vittime di uno dei genocidi peggiori della storia (quasi un milione di morti per mano degli Hutu che erano allora al governo, appoggiati dalla Francia) e la comunità internazionale – che ha la “coscienza sporca” nei confronti dei Tutsi – resta in silenzio. Anche, e forse soprattutto, perché il Congo ha preziose risorse minerarie (coltan, cobalto, diamanti, oro, rame, uranio e materiali strategici per creare energie alternative) che le multinazionali vogliono sfruttare.

Il problema del Rwanda è che è un paese piccolo con una grande sproporzione demografica e fame di risorse. Al contrario, il Congo ha un territorio molto vasto ma è un paese spopolato (non arriviamo a 100 milioni di abitanti) ed ha risorse tra le più ricche del mondo. Il progetto internazionale sembra quello di far diventare il Congo un parco di risorse per le multinazionali e spazio per i Rwandesi, così che possano tornare anche dall’esilio in Inghilterra e in Israele, sterminando progressivamente il popolo congolese che si oppone a ogni forma di balcanizzazione e nuova colonizzazione. Oggi la rabbia del popolo congolese è esasperata dalla dichiarazione dell’incapacità della Monusco (Missione dell’ONU per la stabilizzazione del Congo) di difendere il popolo contro l’aggressione del Rwanda, e dalla decisione del consiglio di sicurezza di mantenere l’embargo contro il Congo per l’acquisto di armi. Dopo le proteste della popolazione contro la Monusco e le manifestazioni violente di quest’estate, a Kinshasa c’è stata una grande manifestazione pacifica della società civile congolese per commemorare i 12milioni di congolesi uccisi negli ultimi 25 anni, e denunciare il silenzio e l’indifferenza della comunità internazionale. Il popolo congolese chiede giustizia! Fate quello che potete per far conoscere questa situazione.”

Ora la situazione per il popolo congolese si è ulteriormente e pesantemente aggravata.

Padre Richard ci ha mandato la lettera di denuncia della Conferenza Episcopale Congolese sulla situazione di pericolo in cui si trova il Paese. E’ un appello disperato a fare qualcosa perché nel mondo si conosca questa situazione trascurata dai media.

“La parola giusta per definire quanto sta accadendo nelle regioni del Nord Kivu e dell’Ituri del Congo è genocidio …veri e propri massacri a cui assistiamo ogni giorno” afferma Mons. Melchisedec Sikuli Paluku, vescovo di Butembo, in un messaggio ripreso in un articolo di Repubblica del 30 novembre.

 

 

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